ASCOLTA, SE VUOI
Il form della Fabbrica della Psiche di questo mese chiedeva: Ti va di dirmi cosa vuol dire, per te, vulnerabilità? Ecco alcune delle vostre testimonianze.
“Un’onda del mare altissima ma congelata. Qualcosa di bello ma spaventoso che bisogna contenere perché non è facile capirla.” Federica
“La vulnerabilità per me è stata sempre in contrasto con la mia ossessione preferita, quella di essere perfetta, in ogni cosa e in ogni situazione. Avevo paura di sbagliare, ogni volta mi sembrava un fallimento totale. Per fortuna ci ha pensato la vita a ridimensionare il mio delirio di onnipotenza. Oggi, alle soglie dei 50 anni, sto finalmente imparando a volermi bene per come sono, e non per l’immagine che mi sono fatta di me stessa. Ad accettare e coccolare le mie fragilità, a guardarle in faccia e chiamarle per nome, senza sentirmi sminuita. Perché io sono anche la mia vulnerabilità. A volte mi fa ancora paura che qualcuno la possa usare contro di me per ferirmi, ma almeno io non lo faccio più. E questo lo considero già un bel traguardo.” Francesca
“La vulnerabilità è la mia umanità. In passato l’ho confusa per una forma di fragilità di cui vergognarmi. Oggi ho imparato ad amarla e soprattutto a rispettarla, scelgo io a chi mostrarla. Non è per tutti.” Silvia
“Vulnerabile è un aggettivo che non mi sono mai attribuita per molti anni. Non potevo permettermi di sentirmi fragile, perdente o manchevole, perché il mio timore è sempre stato quello che nessuno avrebbe potuto vedermi, accettarmi o salvarmi. A ripensarci, credo che io abbia sempre cercato di mostrarmi forte e cinica, forse per il timore che nessuno potesse davvero prendersi cura di questo mio lato. Le cose hanno iniziato a cambiare quando ho iniziato la psicoterapia. Da allora ho iniziato a percepirmi molto vulnerabile, talvolta sino a sentirmi andare in mille pezzi. Proprio in quei momenti, ho capito che io sono responsabile e non colpevole della mia vulnerabilità. In fondo diventare adulti forse è proprio questo: imparare a proteggere le proprie parti più frangibili come si farebbe con un bambino.” Teresa
“Essere vulnerabili è un fatto, come respirare: lo siamo tutti. Questa è la prima cosa che ho imparato da quando ho cominciato ad accettare questa parola. La seconda è che mostrare la mia vulnerabilità è la mia chiave per crescere. Io che non riesco a guardare un uomo che mi guarda senza distogliere lo sguardo, io che mi sento stupida, grassa, imbranata, deludente, fallita, a volte, come molte persone. Tutti questi pensieri mostrano quanto io sia fragile o quanto io sia forte potendolo ammettere di fronte a chi mi ascolta? Entrambe le cose. Sono fragile, e frangibile se solo mi sfiori. Ma sto imparando a dirlo, e questo mi apre all’altro in una maniera che trasforma la paura in un soffio di vento, in una carezza. Non c’è niente di male ad ammettere “ok sono vulnerabile”. È l’unica maniera per essere autentici.” Ilaria
“Vulnerabilità per me è diventata sinonimo di forza nel mio processo di crescita. La prima volta che sono andata in pezzi e attraverso un percorso di psicoterapia mi sono riappiccicata tutta insieme come quella storiella così bella delle ceramiche che i giapponesi incollano con l’oro, ho capito che per essere forti è necessario rivelare la propria vulnerabilità, solo così si diventa resistenti. È una parola che amo e sto finalmente imparando ad amarla in me, non più solo accettarla.” Argentin
“Lasciare cadere tutte le difese. Restare nudi di fronte al mondo.” Cinzia Paola
Cosa vuol dire mostrarci vulnerabili
A volte, al solo pensiero di mostrare ciò che sentiamo a un’altra persona, ci tremano i polsi e tutte le gambe. Eppure, anche se fa paura, mostrarci vulnerabili è l’unico modo per smettere di sentirci soli ed entrare davvero in relazione con gli altri.
Con questo non intendo scambiarli per il nostro terapeuta, riversando loro addosso tutta la nostra sofferenza. Raccontare episodi difficili della nostra infanzia al primo appuntamento, o parlare a profusione delle nostre preoccupazioni ad un amico o un famigliare senza chiedergli come sta, o confidarci a lungo con un collega che a stento conosciamo sul nostro divorzio difficile… non è mostrarci vulnerabili ma non sapere contenere per noi stessi la nostra sofferenza.
Per mostrarci vulnerabili intendo, piuttosto, la disponibilità a fidarci di qualcuno, nel tempo. Richiede la capacità di sintonizzarci con il contesto e con le persone che sono con noi in un dato momento, per scegliere quando, quanto, come e con chi aprirci.
Non a caso, le persone che hanno un buon rapporto con le proprie emozioni non nutrono dubbi sui benefici del mostrarsi vulnerabili. Per fortuna tutti possiamo fare un lavoro interiore che ci aiuti a fare amicizia con la nostra vulnerabilità, come la psicoterapia e la mindfulness.
Come mai abbiamo così tanta paura della vulnerabilità?
Abbiamo paura di mostrarci vulnerabili per ragioni che hanno a che vedere con la nostra storia famigliare e personale e così ci impegniamo a creare una corazza protettiva intorno al cuore, sperando che nessuno riesca a romperla.
Temiamo che, se mostrassimo troppo di noi stessi, riveleremmo il nostro segreto più grande, e cioè che siamo imperfetti, perché siamo quasi certi che quando gli altri se ne accorgeranno verremo respinti, giudicati, manipolati o delusi.
Il punto è che, se è vero che la vulnerabilità ci espone alla possibilità di essere respinti, è anche vero il contrario: mostrandola, potremmo essere compresi e amati proprio per come siamo, nella nostra interezza.
Modi per praticare la vulnerabilità
Senza praticare la vulnerabilità come scelta di apertura, nonostante i rischi che può comportare, le nostre relazioni restano a un livello superficiale e finiamo con il sentirci soli e isolati dal mondo, a volte senza capire bene perché.
Dovremmo ribaltare completamente la prospettiva: entrare in contatto con la nostra vulnerabilità, e mostrarla a un altro essere umano, è la scelta più forte e coraggiosa che esista.
Possiamo, se ci fa paura, esplorare questa possibilità piano piano. Per esempio, potremmo:
- partire dalla nostra postura, notando tutte le volte in cui siamo seduti con le gambe accavallate e le braccia incrociate e decidendo consapevolmente di tornare in una posizione di maggiore apertura
- praticarla con gli occhi, connettendo il nostro sguardo con quello di un’altra persona.
- esprimere più spesso e onestamente ciò che ci piace e non ci piace, anche se abbiamo paura che verremo giudicati o allontanati
- correre persino il rischio di dire davvero come ci sentiamo rispetto a una determinata situazione, o di manifestare un bisogno
- a volte, praticare la vulnerabilità potrebbe essere stare in ascolto di una persona che ci racconta una sua difficoltà senza impedirle di mostrare le proprie emozioni o cercando subito di sdrammatizzare o di offrire soluzioni.
Buona pratica,
Carolina