Chi ha detto che le persone equilibrate non piangono? Io dal chirurgo oftalmico
Questa mattina sono andata a fare una visita oculistica dal chirurgo che, l’anno scorso, mi ha salvato l’occhio sinistro che ho rischiato letteralmente di perdere. Volevo discutere insieme a lui i prossimi interventi da fare e le relative tempistiche. In auto, guidando, sono riuscita a strapparmi il vestito con un movimento maldestro. Arrivata al parcheggio vicino al suo studio, ho chiesto al parcheggiatore di fare manovra per me, perché non mi sentivo bene. Nel suo studio, man mano che la visita procedeva, ho iniziato ad essere attraversata da ondate di lacrime irrefrenabili.
Continuavo a piangere e a volte anche un po’ a ridere e mi sono anche scusata a un certo punto, dicendo: “Mi perdoni dottore, le assicuro che sono una persona equilibrata!”. Sono rimasta colpita nel momento stesso in cui la mia bocca ha pronunciato queste parole. Chi l’ha detto che le persone equilibrate non piangono, e non sentono su di sé gli effetti di un trauma?
L’equilibrio si fa e si disfa, sono le nostre convinzioni a esser rigide
Ho un amico che dice sempre che l’equilibrio, per mantenersi tale, deve concedere movimento e accettare di essere momentanemente disfatto. Lo dice ondeggiando con il corpo, quasi volesse dimostrarmi, con un accenno di ballo, che è proprio così. Ad essere rigide, a volte, sono le nostre convinzioni, condizionate da mille pensieri su mille esperienze che sono andati piano a piano a sedimentarsi nella nostra memoria cellulare – per usare un termine che piace tanto a Ezra Bayda.
Nella mia memoria cellulare, e in quella di tante altre persone che conosco, c’è che “i duri” non piangono. Nel tempo ho scoperto che non mi interessa essere dura, ma morbida, perché la durezza molto spesso è repressione, e imbavaglia le nostre parti più vitali. È solo con la morbidezza, unita alla lucidità che cerco di coltivare ogni giorno anche nel caos, che posso prendermi cura di me e degli altri, e lasciarmi anche un po’ accudire.
Tornata là dove avevo lasciato l’automobile, ho chiesto di nuovo al parcheggiatore di fare manovra per me. Mi ha detto, ridendo, che se volevo mi accompagnava anche a casa. Potreste pensare che mi stava rimorchiando, ma se aveste visto i suoi occhi che sorridevano sopra la mascherina, avreste capito che non era così.
Oggi pratichiamo, insieme, la self-compassion. E se venissero, anche a te, un po’ di lacrime, sappi che a volte when the love gets in, the pain gets out (quando entra l’amore, esce il dolore).
Buona pratica, Caro
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