Quando, qualche giorno fa, ho promesso che avrei scritto una lista di libri da leggere sull’argomento della mindfulness, avevo sottovalutato la difficoltà dell’impresa: pensavo che ci avrei messo un’oretta – ancora rido- e invece ho trascorso diversi giorni con una specie di montagna di libri scaraventata sul tappeto che, per fortuna, piano piano ha trovato una sua forma, un suo ordine, e una riduzione ad undici testi.
Il punto è che di libri sulla mindfulness ne ho letti moltissimi, su diversi argomenti, italiani e stranieri, scritti da psicoterapeuti, monaci, scienziati, insegnanti di mindfulness e maestri di buddhismo, e li ho amati quasi tutti. A selezionare mi sembrava quasi di fare un torto, ma alla fine ho accettato che la scelta è anche rinuncia e sono arrivata a una piccola raccolta che segue tre tradizioni che amo in modo particolare: la mindfulness laica, lo Zen, il Buddhismo Shambhala.
Ho provato, più che ho potuto, a proporti testi tradotti in italiano, e ti giuro, giuro e ancora giuro che, se non dovessi trovare alcuni autori che conosci e che ami, non è detto che sia perché non li conosco e non li ammiro anch’io. Spero in ogni caso che possa esserti utile e chissà, magari l’anno prossimo ne scriverò una nuova.
Libri sulla mindfulness di Jon Kabat-Zinn
Inizio con Jon Kabat-Zinn, l’ideatore del programma MBSR e Professore Emerito di Medicina presso la University of Massachussetts Medical School, con cui mi sono formata e a cui per sempre andrà la mia gratitudine e credo anche quella di migliaia di insegnanti di mindfulness nel mondo: è la persona a cui forse più di tutte si deve la diffusione della mindfulness nella società e nella medicina occidentali.
“Vivere momento per momento”, ed. Tea, 2019, è il libro che ti consiglio se hai già svolto o vuoi intraprendere un programma MBSR.
Quando mi senti dire che la pratica è semplice, ma non facile, mi riferisco a questo passaggio tratto da “Dovunque tu vada, ci sei già”, ed. Corbaccio, 2017:
“Praticare la consapevolezza può essere semplice, ma non necessariamente facile. E’ una metodologia che esige sforzo e disciplina perché le forze contrapposte – il nostro abituale automatismo e la scarsa attenzione- sono estremamente resistenti; sono talmente tenaci ed estranee alla nostra consapevolezza da richiedere obbligatoriamente un impegno interiore e un certo tipo di lavoro solo per dare consistenza ai nostri sforzi mirati a captare coscientemente i vari momenti e rinvigorire la consapevolezza. Questo lavoro è però intrinsecamente gratificante perché ci pone in contatto con molti aspetti della nostra vita che solitamente trascuriamo e perdiamo di vista”.
Sull’aspetto gratificante della pratica, se vuoi, leggi pure le testimonianze dei graduati MBSR.
Il contributo di Charlotte Joko Beck
Veniamo ora alla tradizione Zen americana. Di Charlotte Joko Beck, fondatrice dell’Ordinary Mind Zen School, adoro l’approccio pragmatico e il modo in cui si concentra sugli insight che la vita di tutti i giorni può offrirci, con poca tolleranza verso il romanticismo spirituale – quello, tanto per intenderci, che cerca a tutti costi una felicità permanente. Visto che spesso sono proprio i disastri che ci avvicinano alla pratica, di lei cito spesso l’entusiasmo per l’esperienza della delusione:
“Vedi, di solito viviamo le nostre vite a partire dalle incessanti speranze e aspettative della nostra mente autoreferenziale, o ego. E se le cose funzionano, se siamo sfortunati abbastanza che funzionano – vuoi l’uomo ideale, e ottieni l’uomo ideale; ottieni il lavoro ideale; tutti di amano – allora te ne vai avanti nel solito modo sino quando arriva qualcosa che ti ferma nel tuo percorso. Di solito, è una delusione o un disastro di qualche tipo. E quello che solitamente fanno le persone, è una reazione naturale, è di impegnarsi ancora di più per ottenere ciò che vogliono. Vogliono essere felici, e allora cercano una nuova formula, e quello è il momento in cui iniziano una pratica di qualche tipo, o vanno in chiesa, o fanno qualcosa. Ma se sei fortunato, continui a incontrare il dolore della delusione. ‘Cavoli, proprio non funziona, sono sconcertato, non so più da che parte girarmi’. Mi congratulo sempre con le persone che arrivano a questo punto: ‘Ma quanto sei fortunato!’- perché ora posso intravedere il vero percorso. Possono iniziare una pratica autentica. Non vuol dire che se sono deluso, mi piace. Vuol dire che conosco questa esperienza per quella che è”.
Tratto da “Everyday Zen”, Harper One, traduzione mia.
In italiano è “Zen Quotidiano”, Ubaldini, 1991.
“Star bene in acque torbide” di Ezra Bayda
Ezra Bayda, allievo della Joko-Beck e fondatore del San Diego Zen Center, è un altro autore che si concentra moltissimo sulla connessione tra pratica e vita quotidiana e che scrive con una chiarezza e una precisione per me impressionanti.
Consiglio vivamente tutti i suoi libri, in particolare la lettura del terzo capitolo di “Star bene in acque torbide”, Ubaldini, 2007. Il capitolo si intitola “La misura della pratica”, qui un estratto:
“La vera misura della pratica è, se un po’ alla volta, riusciamo a trovare il nostro limite, quel luogo in cui ci chiudiamo spaventati, e ci permettiamo di sperimentarlo. Ci vuole coraggio, ma avere coraggio non significa essere impavidi. Il coraggio è la disponibilità a sperimentare la paura. E, a mano a mano che la sperimentiamo, il coraggio cresce”
Mente Zen, Mente di Principiante
Se poi ha voglia di andare alle radici della tradizione zen americana, sempre di Ubaldini, puoi leggere “Mente Zen. Mente di principiante” (1978) di Shunryu Suzuki-roshi, che dal Giappone, dove già era un rinomato maestro, nel 1958 si trasferì a San Francisco perché impressionato dalla “mente di principiante” degli americani, e dalla loro serietà nell’incontrare la pratica. Lo cito spesso quando diceva ai suoi allievi: “Sei perfetto così come sei, ma potresti anche migliorare un pochino”.
Al di là del materialismo spirituale
Sempre parlando di grandi maestri che dall’Oriente sono arrivati negli Stati Uniti, non posso non portare in questa lista Chögyam Trungpa, uno dei primi insegnanti di Buddhismo tibetano in occidente, fondatore nel 1976 dello Shambhala Training. In contrasto con il tradizionale metodo d’insegnamento tibetano, per cui alcune pratiche venivano insegnate solo ai monaci, Chögyam Trungpa presentò gli insegnamenti anche alla comunità laica. Per questa sua innovazione, per la capacità di sostenere le numerose critiche che gli sono arrivate, e la volontà di riformulare la dottrina buddhista nel linguaggio della cultura occidentale che gli era contemporanea, lo ammiro a non finire.
Se vuoi leggerti un suo libro, regalati “Al di là del materialismo spirituale”, sempre di Ubaldini, 1978. Trungpa chiamava materialismo spirituale un insieme di fraintendimenti della pratica che portano a una visione distorta, egocentrica della spiritualità. Per lui la spiritualità aveva a che fare con la vita di tutti giorni, con il modo in cui viviamo il lavoro, il sesso, il danaro e la società intera.
Il contributo di Sakyong Mipham
Mi piacerebbe poterti suggerire anche un testo tradottto in italiano di Sakyong Mipham, figlio di Trunga e a capo del lignaggio Shambhala, ma non so bene per quale ragione – ho cercato tante di quelle volte che ho perso il conto- in italiano non mi risulta che ci sia nulla.
Se leggi in inglese però, per me “Ruling Your World: Ancient Strategies for Modern Life”, Morgan Road Books, 2006, è un gioiello raro.
Il capitolo 12, Letting Love Flow, fornisce una descrizione dell’amore che, per quel che mi riguarda, andrebbe letta ogni santo giorno. Ne condivido qui un passaggio, tradotto da me:
“Potremmo diventare confusi e pensare che l’altro è la fonte della nostra felicità – che è la pillola dell’amore, e vogliamo ingoiarlo. L’amore non compreso diventa aggrapparsi senza voler mollare la presa. Crediamo che l’oggetto del nostro amore è la fonte permanente della gioia. Vi facciamo ritorno per averne di più. Confondiamo l’amore con la fissazione, che porta sofferenza, non gioia. La fonte permanente della gioia è il nostro amore, non l’altra persona. Essere innamorati di una persona in particolare ci aiuta a sviluppare familiarità con la gioia che proviene dal considerare la felicità degli altri”
Pema Chödrön
Nel caso non l’avessi ancora capito, a me la tradizione Shambala piace da matti. La sento per alcuni aspetti molto vicina al modo con cui sono stata educata. Mi rasserena, illumina e sconvolge con l’equilibrio giusto per me.
Tra gli autori contemporanei consiglio tutti i libri di Pema Chödrön, allieva di Chögyam Trungpa, tra cui “Se il mondo ti crolla addosso. Consigli dal cuore per tempi difficili”, Feltrinelli, 2017.
Lodro Rinzler e Susan Piver
Amo moltissimo anche il lavoro di Lodro Rinzler e di Susan Piver, entrambi allievi di Sakyong Mipham, per la loro capacità di parlare facilmente all’uomo o alla donna della strada a partire da insegnamenti antichi.
Di Lodro Rinzler potresti leggere, in italiano, “Il Buddha entra in un bar. Manuale di vita per una nuova generazione”, Ubaldini, 2016 e, se il tema in questo momento ti riguarda, anche “L’arte buddhista di riparare cuori infranti”, Newton & Compton, 2017.
Di Susan Piver mi risulta che, in italiano, sia stato pubblicato solo “Non ho più paura. Ritrovare sé stessi con la meditazione”, Sperling & Kupfer, attualmente non in stampa. Se leggi in inglese e l’argomento delle relazioni ti interessa, ti consiglio di cuore “The Four Noble Truths of Love”, Lionheart Press, 2018.
Lo Zen e l’arte di innamorarsi
Infine, visto che sull’amore potresti avere voglia di leggere in italiano, chiudiamo il cerchio e torniamo allo zen con Brenda Shoshanna e suo “Lo Zen e l’arte di innamorarsi”, Punto d’Incontro, 2005 e, per chi è single ma non solo… hai già letto il mio libro “Semplicemente Single”, ed. Hoepli? Trovi qui gli audio per iniziare a praticare e puoi anche scaricare l’estratto gratuito!