“Non volgere lo sguardo altrove.
Continua a guardare la tua parte ferita.
E’ da lì che entra la luce.” Rumi
Se mi chiedessi di dare un titolo alla storia del mio rapporto con la vulnerabilità, potrei dirti qualcosa come: “A volte anche le storie complicate possono trasformarsi in relazioni stabili”. C’è speranza per tutti insomma, anche per chi, come me, per anni è andato avanti pensando che essere forte fosse, più che uno stato naturale, uno sforzo continuo per nascondere agli altri le proprie parti giudicate deboli, che a mostrarle rischiavo di svenire dalla vergogna. Con il risultato, per nulla sorprendente, di ritrovarmi a giocare a nascondino con me stessa. Timorosa di sentire le mie parti dolenti che, in fondo – ma questo l’ho scoperto nel tempo- aspettavano solo di essere ascoltate e prese un po’ per mano.
Come sono cambiata esattamente non saprei, ma di certo un grande contributo lo devo, oltre che alla formazione da psicoterapeuta, alla pratica della meditazione mindfulness e della self-compassion, che mi hanno insegnato non solo che tutto sommato vado anche bene così come sono, ma che le mie parti vulnerabili non sono la mia debolezza, ma anzi la mia forza, e questo vale per tutti noi.
Da quando mi concedo di riconoscerle e di ascoltarle di più, le mie relazioni sono più autentiche perché io sono più autentica. In fondo, un incontro che non sia solo mentale, ma da cuore a cuore, non è quello che vogliamo tutti?
Morale, la meditazione che vi propongo è un modo per fare l’esperienza della vulnerabilità, senza paura, donandoci l’ascolto coraggioso e gentile che ci meritiamo. E’ una versione aggiornata di RAIN di cui vi ho già parlato qui sul blog e in Mente Calma Cuore Aperto – a proposito: sapete che il 10 marzo 2020 uscirà, sempre con Sperling&Kupfer, l’edizione tascabile? – che ci permette di prenderci per mano e camminare un po’ più fiduciosi nel mondo. Almeno, questa è la mia esperienza. Sono curiosa di sapere la tua.
Buona pratica, Caro
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