“Quando dò, dò me stesso”~Walt Witman
Dicembre. Ad alcuni piace molto, ad altri un po’ meno. Lo so per esperienza personale. Per qualche anno dopo la morte di mia madre sono stata affetta da una piccola sindrome del Grinch, e conosco bene quel senso di irritazione che può sorgere in reazione a quella che, a volte, pare quasi un’imposizione ad essere felici che nega come ci sentiamo per davvero. L’altro giorno poi, parlavo con una persona che mi diceva: “In fondo quanto è ipocrita il Natale, tutti a fare finta di volersi bene e di avere buoni sentimenti, quando poi il resto dell’anno…”. Ho l’impressione che, Grinch o meno, nessuno di noi si sentirebbe di darle pienamente torto.
Ma una cosa è certa: lamentarsi non serve, e si potrebbe anzi ribaltare la prospettiva. Invece di puntare il dito sugli altri, perché non cogliere il mese di dicembre, indipendendentemente dallo stato emotivo che ci attraversa, come un’occasione per coltivare in modo sistematico i valori che contano per noi, lasciando che poi fioriscano anche nel resto dell’anno?
Per esempio, questo mese potrebbe essere un allenamento alla pratica della generosità, intesa come il portare l’attenzione a tutte le cose che possiamo dare e condividere con gli altri senza che questo richieda l’uso del danaro. Anche perché la generosità esige molto di più del semplice aprire il portafogli: richiede il lasciare andare l’attaccamento al proprio tempo, alle proprie priorità, a volte anche alle proprie opinioni, per renderci disponibili a considerare gli altri e iniziare a vedere che, dalla loro felicità, dipende anche la nostra. Potere dare è, a tutti gli effetti, un regalo.
Autore: Carolina Traverso
Mi chiamo Carolina Traverso, Caro per gli amici. Sono Psicologa, Psicoterapeuta e insegnante di mindfulness formata con Jon Kabat-Zinn e il suo team presso il Center for Mindfulness della University of Massachusetts Medical School.
Sono nata in Costa D’Avorio da madre belga e padre italiano. Sono cresciuta prevalentemente in Italia, ma ho vissuto anche in Iran prima della scuola materna, a Londra dopo l’Università e, sulla strada per tornare a casa, ho attraversato da sola per un anno l’India e il Sud Est Asiatico senza telefonino e con uno zaino sulle spalle.
Da diverso tempo lavoro e amo a Milano insieme a Iago, il mio pastore svizzero, che ho fortemente voluto, quand’ero single, per sentirmi meno sola. Ho vissuto senza relazioni sentimentali stabili per tanti anni e conosco molto bene l’esperienza della singletudine. Ci ho scritto persino un libro, Semplicemente Single (Hoepli, 2021), a ridosso della pubblicazione del quale, a 47 anni, ho conosciuto l’uomo che oggi è mio marito.
Alcune persone, scherzando ma neanche troppo, dicono per questo che Semplicemente Single porti fortuna. Onestamente non saprei, ma posso dirti che le riflessioni che ho fatto scrivendolo mi hanno aiutata a fare chiarezza dentro di me e a lasciare andare vecchi pesi che non mi ero accorta di portare ancora.
Sarà forse questa coincidenza di fattori, una storia d’amore all’incrocio con un libro solo apparentemente per single, ma che in realtà è un manuale di educazione sentimentale, che mi sono ritrovata a parlare sempre più di amore e relazioni sulla stampa e in radio?
Altre cose che potresti volere sapere di me è che nel 2016 ho scritto “Mente Calma Cuore Aperto”, Sperling & Kupfer e che, per Hoepli, ha curato la collana dedicata alla mindfulness.
Appaio spesso su testate e radio nazionali, tra cui IoDonna.it, VanityFair.it e Radio Deejay, dove parlo di amore e relazioni.
Capisco lo spirito del tuo post Carolina ma non sono d’accordo con la chiusa. È bello, a tratti bellissimo, riconoscere la felicità dei nostri cari. Meno potente riconoscere quella dei “meno cari”. Ma non mi sento di accogliere l’idea che la mia felicità dipenda da quella degli “altri”. Lei dipende in grandissime parte da me. Dal mio essere presente e consapevole al rendermi disponibile e compassionevole in primis a me. Al mio respiro. Al mio essere presente a me.
Grazie per indicarmi altri punti di vista. Un abbraccio.