Cosa hanno in comune Papa Francesco e la mindfulness?
Una pratica chiamata examen, già coltivata da Sant’Ignazio da Loyola nel XVI secolo e di cui Chris Lowney, un tempo seminarista gesuita e ora managing director presso JP Morgan, ha scritto questa settimana sulla Harvard Business Review.
Considerate l’examen alla stregua di un pit-stop mentale, per certi versi simile al mindful check-in, che si svolge in tre semplici passi.
Primo passo: ricordati per cosa sei grato in quanto essere umano.
Secondo passo: amplia la tua visuale, riconnettendoti con i tuoi obiettivi, le tue aspirazioni, i tuoi valori
Terzo passo: riguarda le ore che hai appena trascorso alla ricerca di ciò che puoi imparare. Per esempio, se ti sentivi agitato puoi chiederti cosa stava succedendo, se eri poco produttivo puoi chiederti perché. E puoi anche riflettere su come le persone e le sfide che hai incontrato sono un’occasione per crescere.
In sintesi: gratitudine, chiara visione, compassione e presenza. Da coltivare due volte al giorno, per cinque minuti.
Non credo ci sia bisogno di essere gesuiti, Papi o top manager per vederne l’utilità. Siamo tutti responsabili del nostro stato emotivo e mentale, e di come questo si riverbera intorno a noi.
Buona pratica!

Autore: Carolina Traverso
Mi chiamo Carolina Traverso, Caro per gli amici.
Sono nata in Costa D’Avorio da madre belga e padre Italiano. Sono cresciuta prevalentemente in Italia, ma ho vissuto anche in Iran prima della scuola materna, a Londra dopo l’Università e, sulla strada per tornare a casa, ho attraversato da sola per un anno l’India e il Sud Est Asiatico con uno zaino sulle spalle.
Da qualche anno lavoro e amo a Milano insieme a Iago, il mio pastore svizzero.
Le mie esplorazioni intorno alla meditazione sono iniziate quando avevo diciassette anni, per curiosità, e sono proseguite, dopo i venti, tra Londra e l’Asia.
A voler essere sincera, mi sembrava di riuscire a cogliere solo in parte ciò che i miei insegnanti provavano a trasmettermi, ma sentivo che la pratica mi faceva stare bene e questo mi è bastato per farvi ritorno, nel tempo, sempre più spesso.
Ho sentito per la prima volta parlare di mindfulness una decina di anni fa, durante un ritiro di yoga a Goa, da una collega svedese che la insegnava.
Desiderosa di approfondire, ho scoperto il lavoro di Jon Kabat-Zinn, me ne sono innamorata per il calore umano e il rigore scientifico, e in poco tempo mi sono formata come insegnante di mindfulness.
Da allora, sul mio percorso, ho incontrato centinaia di allievi e altrettanti maestri.
Poter praticare e insegnare mindfulness, integrandola anche nel mio lavoro di psicoterapeuta, mi fa sentire enormemente fortunata. È un dono immenso di cui non posso più fare a meno.