“La maggior parte delle persone tende a trascurare gli aspetti positivi della vita, e a focalizzarsi su ciò che non va” ~ Plutarco
Anche quando sappiamo che non ci fa bene, non è sempre facile non rimuginare su quello che non va.
Le paure, le delusioni e le cattive notizie assorbono la nostra attenzione più di quanto vorremmo, con il rischio che noi si sviluppi una falsa idea di chi siamo e di come è la vita, perché ci dimentichiamo della bellezza.
Mi vengono in mente gli ultimi giorni di vita di mia madre, morta di cancro cinque anni fa.
Si chiamava Christiane.
La bellezza, per noi in quel momento così difficile, era uscire nel giardino dell’ospedale per guardare insieme il cielo e respirare l’aria.
Lo spostamento dall’unità per malati terminali, fra sedia a rotelle, corridoi e ascensori, durava qualcosa come dieci minuti. E mia madre, dopo due minuti che era fuori, era solita guardarmi e dire: “Basta, sono stanca, portami indietro”. Ma il suo sorriso, e la luce che le vedevo negli occhi, erano la bellezza.
Indubitabile, intensa, eterna.
Credo che praticare la gratitudine significhi proprio questo: riconoscere la bellezza, e sapere che ciò che coltivi attraverso l’attenzione, cresce.
E che è nella bellezza che l’anima può trovare pace, anche nella tempesta emotiva più forte.
Che tutti noi si possa trovare la bellezza ora, e in ogni momento della nostra vita.
Buon fine settimana a tutti.

Autore: Carolina Traverso
Mi chiamo Carolina Traverso, Caro per gli amici.
Sono nata in Costa D’Avorio da madre belga e padre Italiano. Sono cresciuta prevalentemente in Italia, ma ho vissuto anche in Iran prima della scuola materna, a Londra dopo l’Università e, sulla strada per tornare a casa, ho attraversato da sola per un anno l’India e il Sud Est Asiatico con uno zaino sulle spalle.
Da qualche anno lavoro e amo a Milano insieme a Iago, il mio pastore svizzero.
Le mie esplorazioni intorno alla meditazione sono iniziate quando avevo diciassette anni, per curiosità, e sono proseguite, dopo i venti, tra Londra e l’Asia.
A voler essere sincera, mi sembrava di riuscire a cogliere solo in parte ciò che i miei insegnanti provavano a trasmettermi, ma sentivo che la pratica mi faceva stare bene e questo mi è bastato per farvi ritorno, nel tempo, sempre più spesso.
Ho sentito per la prima volta parlare di mindfulness una decina di anni fa, durante un ritiro di yoga a Goa, da una collega svedese che la insegnava.
Desiderosa di approfondire, ho scoperto il lavoro di Jon Kabat-Zinn, me ne sono innamorata per il calore umano e il rigore scientifico, e in poco tempo mi sono formata come insegnante di mindfulness.
Da allora, sul mio percorso, ho incontrato centinaia di allievi e altrettanti maestri.
Poter praticare e insegnare mindfulness, integrandola anche nel mio lavoro di psicoterapeuta, mi fa sentire enormemente fortunata. È un dono immenso di cui non posso più fare a meno.