L’aspettativa di sentirsi più calmi e rilassati
Accade spesso che le persone si avvicinino alla mindfulness con l’aspettativa che la pratica li farà sentire più calmi e rilassati. Se devo dirla tutta, anch’io per un po’ di tempo sono stata convinta di questo, e mentre stavo in ritiro, o sul cuscino da meditazione a casa, aspettavo avidamente stati estatici che certo, a volte sono anche arrivati ma poi, come tutte le cose… se ne sono andati per fare spazio ad altro.
Alcuni, i più sfortunati, continuano per anni a fare della loro pratica una sorta di cuscinetto, di bagno caldo, di oasi che li mette al riparo da tutto. Sono sfortunati perchè non hanno capito che così fuggono anche da loro stessi e dalla loro parte nevrotica con cui è bene fare i conti se vogliamo rendere noi stessi e questo mondo un luogo migliore.
Fare i conti con la nevrosi
Nulla, che io sappia, farà sparire la nostra nevrosi. Nessuna psicoterapia, nessun coaching, nessun farmaco, nessun metodo dichiarato miracoloso. Possiamo solo nasconderla a noi stessi, con il risultato che le parti non integrate di noi ci faranno i dispetti, e noi saremo ciechi, o troppo timorosi di vederle.
Forse facciamo fatica a fare i conti con la nostra parte nevrotica perchè abbiamo paura. Temiamo di non essere abbastanza, di essere difettosi, manchevoli, guasti o rotti. Anche questa è una delle ragioni per cui potremmo avvicinarci alla mindfulness. Ricordo un pensiero che mi ha accompagnato per anni nella pratica: “Prima o poi capirò cosa c’è che non va con me, e riuscirò ad aggiustarlo”. Poi, nel tempo, attraverso gesti ripetuti di pazienza, coraggio e gentilezza, questo pensiero è scomparso.
Per tornare al discorso iniziale, i più fortunati iniziano invece abbastanza presto ad accorgersi che non c’è via di fuga da loro stessi. Non c’è modo di fuggire dall’ansia, dalla collera, dalla tristezza, dalla vergogna, e da ______________ (mettici un po’ tu le emozioni che fatichi di più a gestire, quando sei sotto stress). E questa è una buona notizia, perchè quando iniziamo ad accettarlo, scopriamo di essere qualcosa di molto più vasto della nostra nevrosi, che altro non è che una copertura di chi siamo davvero: esseri umani vulnerabili e splendidi, pieni di potenzialità, capaci di grandi imprese, e desiderosi di vivere felici e in pace con noi stessi e con gli altri.
Come faccio a gestire un’emozione difficile?
Resta che, se arriviamo a superare l’illusione che se non abbiamo ancora raggiunto il Nirvana la pratica non fa per noi, sorge la domanda a cui, da quando insegno, ho dovuto rispondere più spesso: come faccio a gestire un’emozione difficile?
E’ una domanda leggittima, tanto più che, nella pratica meditativa, quando siamo alle prese con delle emozioni spiacevoli la semplice istruzione di portare l’attenzione al respiro, senza confrontarci con le nostre difficoltà, difficilmente da sola potrà aiutarci a trovare un po’ di pace. Come dice Jon Kabat-Zinn, a volte non si tratta di lasciare andare – lo faremmo, se potessimo- ma di lasciare essere.
Tempo fa lessi sullo Shambala Sun un articolo di Ezra Bayda che suggeriva cinque domande che ognuno di noi può farsi quando è alle prese con un’emozione difficile. Da allora, mi è capitato di condividerlo con alcuni miei allievi e in questi giorni ho pensato potesse essere una buona idea allargare la condivisione qui sul blog, con uno Speciale a Puntate sulle Emozioni Difficili.
Cosa sta succedendo adesso?
Iniziamo con la prima domanda che possiamo porci quando siamo alle prese con un’emozione difficile: Cosa sta succedendo adesso?
Si tratta di fermarci e chiederci cosa sta succedendo davvero, invece che dare per scontato che i nostri pensieri su una situazione o su noi stessi siano veri. Vuol dire iniziare ad aprirci alla possibilità di stare con la situazione reale. Andare oltre a ciò che la mente e il cuore, con la loro storia fatta di desideri, paure e aspettative, proiettano sul presente.
Per esempio, può succedere che a volte siamo così presi dalle nostre paure che ci facciamo travolgere da pensieri circa il futuro che poco hanno a che vedere con quello che sta accadendo in questo momento, finendo con lo stare male per un realtà che è solo immaginata. Possiamo persino arrivare a spendere le nostre energie progettando possibili soluzioni a problemi che non sono ancora accaduti, e che forse non accadranno mai. Esiste un proverbio cinese che riassume questo funzionamento così umano e così nocivo. Dice: “Disegni un dragone, e poi ti spaventi”. Ecco, fermarci ci aiuta a vedere il disegno, riconoscendolo come tale.
L’importanza di fermarci
Fermarci ci aiuta anche ad osservare la nostra reazione, a diventare esperti della nostra nevrosi, senza esserne soffocati e senza che ci porti verso parole e azioni poco sagge. Facci caso: è un attimo, quando succede qualcosa che non ci piace, cercare un colpevole e andare alla ricerca di qualcosa che non va. In generale, nell’altro, in me. La vita è ingiusta, tizio è proprio una brutta persona, sono io che sono un cretino. Hai presente?
Di fronte alla spiacevolezza la mente si ritrova a criticare, biasimare, volere aggiustare, analizzare… tutte operazioni che, invece di semplificare ciò che stiamo vivendo e permetterci di vederlo con più lucidità, lo complicano perché non fanno altro che oscurare la nostra visione con troppi pensieri. Si chiamano rimuginazioni, o proliferazioni mentali, e più diamo loro corda, più è difficile lasciarle andare.
Hai mai sentito l’espressione: “Te la stai raccontando?”. E’ importante coltivare la possibilità, di riconoscere la storia che ci stiamo raccontando come una storia e nulla più, un insieme di pensieri che ci ripetiamo ossessivamente scambiandoli per delle verità assolute.
Imparare a osservare
Per cui, cosa sta succedendo davvero in questo momento? Prova a fermarti un momento. Osserva le sensazioni fisiche, i pensieri e le emozioni che provi, lasciando andare l’abitudine a giudicarli. Tranquillo, se il giudizio arriva, è solo un pensiero. Puoi osservare anche quello, e anzi complimentarti con te stesso per essertene accorto – alcuni giudizi sono così radicati in noi ci vuole molto tempo per vederli. Se vuoi, puoi provare il Mindful Check-In.
Buona pratica.